A PISCARIA

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Nel 1974 Renato Guttuso immortalò in uno dei suoi quadri fra i più celebrati, oggi esposto a Palazzo Steri di Palermo, uno dei mercati storici della città, la Vucciria,. In siciliano il termine indica non solo il vocio confusionario dei venditori, ma anche il mercato stesso dal francese boucherie-macelleria, sua originaria destinazione. E così veniva divulgato ad un pubblico molto più ampio questo straordinario patrimonio storico della Sicilia attraverso il crudo realismo delle carni raffigurate in primo piano, i colori intensi della frutta, della verdura, del pesce sopra i banconi così accostati da lasciare a mala pena lo spazio ai passanti. Al quadro di Guttuso si è ispirato in un suo racconto A. Camilleri che così si esprime: "Un narratore o un commediografo, davanti alla Vucciria, avrebbero materia di scrittura sino alla fine dei loro giorni". Infatti la Vucciria, Ballarò a Palermo, la Fera o Luni, la Pescheria a Catania, ma anche la Piscarìa di Siracusa rappresentano, oltre che meta dei cittadini alla ricerca di merci fresche e di prezzi moderati, attrazione “fatale” per i turisti soprattutto stranieri! Si ritrovano come d’incanto nel mezzo di una vera e propria azione teatrale dove gli attori, i venditori, pubblicizzano le loro merci con i modi e le espressioni più singolari. Il nostro mercato storico diventa uno straordinario luogo deputato per una visita guidata alla storia della Sicilia attraverso il cibo, dove tutti i sensi sono stimolati in un trionfo di colori e odori, molto poco pubblicizzato dagli operatori del settore turistico. Un fatto antropologico singolare: una baraonda di siciliani fra i quali i turisti, affascinati dall’insolito spettacolo, si muovono riprendendo con le loro macchine fotografiche banchi di vendita e venditori. Sorto nell’estrema propaggine del quartiere dei pescatori, la Graziella (da Santa Maria di tutte le Grazie, loro protettrice), ha come fondale scenografico tutto il fronte architettonico del quartiere. La Sicilia, “terra di mercato” sin dal periodo neolitico, ha visto nascere sistemi urbanistici primordiali caratterizzati da empori veri e propri, l’agorà nel periodo greco, il foro in quello romano e, grazie allo scambio di merci, ha dato vita alla civilizzazione d’Occidente. “Scambiare beni materiali significa anche scambiare beni immateriali: parole e idee, usi e costumi, quanto chiamiamo cultura” (A. Buttitta). Fagocitati nelle nuove strutture commerciali o, ancor peggio, catturati dalle vendite on-line, siamo vittime del processo di vetrinizzazione iniziato più di duecento anni fa, per il quale si riesce ad interpretare il linguaggio delle merci senza il loro venditore, rischiando che il III millennio diventi quello della totale solitudine sociale in nome dell’urbanizzazione e della modernità.