ALLO STADIO OGGI COME ALL'ANFITEATRO IERI

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Affresco dalla Casa del Gladiatore di Pompei, Museo archeologico di Napoli

Anno 59d.C. anfiteatro di Pompei Nocerini e Pompeiani si ritrovano insieme per assistere ai ludi,come dire il derby. Prima ancora che inizino i combattimenti nell’arena, l’atmosfera tra gli spettatori comincia a scaldarsi e, in un crescendo di ingiurie, lanci di sassi e, infine, ricorso alle armi, la situazione degenera in una vera e propria guerriglia! Cronista dell’epoca l’annalista romano Tacito, il quale negli Annali (XIV,17), riporta su carta gli episodi salienti e l’epilogo di questa ben nota vicenda romana. "Fotografo"abile e professionalmente rigoroso, un pittore rimasto anonimo, il quale rappresenta a fresco l’episodio di Pompei su una parete della Casa del Gladiatore di quella città. Tale prezioso documento si trova attualmente esposto nel Museo Archeologico di Napoli.Ma riportiamo fedelmente il testo di Tacito: "In quell’epoca si ebbe un fiero massacro tra Pompeiani e Nocerini, originato da una futile causa in occasione di ludi gladiatori banditi da quel Levineio Regolo, che ho già ricordato espulso dal Senato. Dapprima si scambiarono ingiurie con l’isolenza tipica dei provinciali, poi passarono alle sassate, alla fine ricorsero alle armi, prevalendo i cittadini di Pompei, presso i quali si dava lo spettacolo. Furono perciò riportati a casa molti di quelli di Nocera col corpo mutilato per ferite e, in quella città parecchi fra i cittadini piansero la morte dei figli e dei genitori. Il principe (Nerone) deferì al Senato il giudizio su questo fatto, il senato lo affidò ai consoli, poi, quando la faccenda passò di nuovo al Senato, fu deliberato di vietare ai cittadini di Pompei per dieci anni simili pubbliche riunioni: fu poi ordinato lo scioglimento di quelle associazioni che si erano costituite contrariamente alle disposizioni di legge. Livineo e coloro che avevano provocato il tumulto furono condannati all’esilio". Dopo ben duemila anni storie come questa si ripetono ogni domenica nei nostri stadi di calcio a causa di "tifoserie" che, purtroppo, con lo sport nulla hanno a che vedere come i recentissimi episodi accaduti a Roma tristemente ci confermano. Se una giustificazione potremmo dare noi uomini del III millennio ai fatti di Pompei nella considerazione che si trattava di spettatori che andavano ad assistere a giochi cruenti, ma che per esempio per Plinio il Giovane avevano una valenza educativa perché insegnavano ad essere coraggiosi e sprezzanti del dolore, in maniera categorica non possiamo darne ai fatti contemporanei dei nostri stadi, ove lo spettacolo lungi da avere una matrice violenta è esclusivamente informato al puro principio dello sport con tutte le accezioni più positive che questo termine implica. E se, da questo punto di vista i colossei romani non ci sono d’esempio, lo sono invece i provvedimenti presi da quelle "commissioni sportive" composte da senatori e consoli, che si rivelarono sagge e quanto mai determinante, non solo con la "squalifica" per dieci anni del "campo"(con conseguenti enormi danni per il munerarius (finanziatore dei giochi), lo scioglimento di quelle associazioni che si erano costituite contrariamente alle disposizioni di legge, ma addirittura condannando all’esilio quel "Livineio e coloro che avevano provocato il tumulto"!