NOTO 1704

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Anno 1704: con una decisione quanto mai singolare, anche se non unica e raramente riscontrabile in altre parti del mondo, il Governo spagnolo decreta l’abbandono della Noto distrutta dal terremoto del 1693 e pone la prima pietra per la costruzione della nuova città sul colle Meti. L’aspetto umano di questo trasferimento è sicuramente quello di cui molto poco si è parlato: i superstiti dovettero abbandonare i beni materiali rimasti e mettere da canto l’aspetto affettivo di quei luoghi ove erano vissuti e che avrebbero comunque ricostruito, come avviene normalmente in caso di disastri (Catania ricostruita sempre nello stesso posto dopo le varie eruzioni vulcaniche, Messina dopo il terremoto del 1908…). Nasce così un progetto di un’intera città che viene attribuito al gesuita Fra Ignazio Italia, il quale adotterà un impianto urbanistico scenografico articolato su tre livelli: il corso Vittorio Emanuele (già via del Cassaro), la via Cavour, e il cosiddetto Pianazzo (piano alto, cianazzu in dialetto locale). Achitetti (fra i quali spicca Rosario Gagliardi di Siracusa) capimastri e scalpellini lavoreranno in sinergia dando vita a quel particolare stile barocco netino, che fa famosa la città in tutto il mondo. Al sostrato locale verrà unita la più pura tradizione classica talvolta arricchita con lo stile esuberante nel decoro, detto Churriguerasco (dal nome dell’artista José Benito de Churriguera). Il visitatore che voglia cogliere l’unicità di un edificato per la maggior parte barocco e rivivere il XVIII secolo a Noto, deve fare mentalmente due operazioni: far sparire, con la fantasia ovviamente, tutto il verde urbano e i fabbricati dell’ottocento e del novecento (talvolta stratificati al di sopra di quelli d’impianto originale) e prendere atto di quell’intervento, operato alla metà dell’ottocento, che interessò la via del Cassaro che venne ribassata lungo tutto il suo percorso di almento due metri. Tutti gli edifici che vi si attestano si ritrovarono con le fondazioni a nudo con conseguenze risultate nel tempo di una certa gravità ai fini statici. Nel piano della Cattedrale (spazio oggi frammentato dai marciapiedi e dal lastricato del 1800) sono rappresentati edifici simbolo del potere del tempo: la Chiesa, lo Stato la classe nobiliare ed aristocratica. Dopo anni di restauri culminati con la ricostruzione delle coperture della Cattedrale lacerata dal crollo della cupola e dei tetti delle navate centrale e laterale destra, oggi è possibile apprezzare le superfici dorate dei prospetti di palazzi nobiliari, di chiese, di conventi e di monasteri e di rimanere ammaliati da queste architetture che ci circondano e ci riportano ai tempi delle famiglie del principe Corrado Nicolaci, dei Rau de La Ferla, dei Landolina Sant’Alfano, mentre il popolo devoto trasporta la vara di San Corrado per quelle che all’epoca erano strade polverose e trafficate da carrozze e carri. (Laura Cassataro, in Siracusa -sulle tracce del passato, Editore Morrone, 200