C'ERA UNA VOLTA LA NINFA ARETUSA

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La Fonte Aretusa. La definizione dialettale “a funtana e pàpiri”, ormai generalizzata anche nel linguaggio delle nuove generazioni, rischia di far perdere nella memoria collettiva la connotazione di “sorgente” e l’appellativo della ninfa: “Aretusa”! Il vicino ronco definito nella lapide ” Ronco I alla fontana", che non fa che ufficializzare tale errata denominazione.

La Fonte Aretusa. La definizione dialettale “a funtana e pàpiri”, ormai generalizzata anche nel linguaggio delle nuove generazioni, rischia di far perdere nella memoria collettiva la connotazione di “sorgente” e l’appellativo della ninfa: “Aretusa”! Il vicino ronco definito nella lapide ” Ronco I alla fontana", che non fa che ufficializzare tale errata denominazione. C’era una volta la ninfa Aretusa, il cui nome, dal greco, significa “la virtuosa”. Aretusa era sacra ad Artemide, la dea della caccia e a lei aveva fatto voto di castità. Racconta il mito che in un giorno molto caldo, la ninfa si trovava in un bosco di Grecia. Stanca e accaldata, decise di fare il bagno in un fiume che scorreva fra gli alberi, invitante. Aretusa si spoglia dei suoi veli e comincia a nuotare nelle acque del fiume. Un giovane cacciatore di nome Alfeo si trova a passare nelle vicinanze e, incuriosito dai rumori del vicino fiume, si avvicina e… rimane incantato dalla bellezza della ninfa: colpo di fulmine! Alfeo si invaghisce di Aretusa perdutamente, ma lei, accortasi di essere vista dal giovane, comincia a scappare ed Alfeo ad inseguirla. L’inseguimento continua nel bosco sino a quando la ninfa, stanca, invoca l’aiuto della sua protettrice, Artemide. La dea si impietosisce – dice il mito – e, per farla sfuggire al suo inseguitore, trasforma Aretusa in una sorgente, che affiora non in Grecia, bensì nello scoglio di Ortigia. Aretusa scompare agli occhi di Alfeo, il quale, sbandato e smarrito, raccoglierà le sue energie e, invocato Zeus, a lui chiederà soccorso. Il dio lo trasforma in fiume ma, giocandogli un brutto scherzo, lo farà sgorgare in Grecia e non in Sicilia. Alfeo non si dà per vinto e pur di raggiungere la sua amata, passando sotto i mari di Grecia e di Sicilia, evitando di mescolarsi con le acque salate dei mari, dopo un viaggio lungo e faticoso, arriverà nel Porto Grande di Siracusa. Sarà qui che Alfeo si unirà con Aretusa, falda freatica a livello del mare che ancora oggi, uscendo a mare, perpetua il rito di unione con Alfeo. La storia d’amore c’insegna una grande verità storica: Aretusa rappresenta la colonia Siracusa, fondata lontano dalla madrepatria Grecia rappresentata da Alfeo quasi cordone ombelicale mai reciso! I Greci che intorno alla metà dell’VIII secolo a. C. salpavano dalla loro patria per venire a fondare le città nella Sicilia orientale, nella loro terra non torneranno mai più; emigrati e trapiantati per sempre in quelle città che chiamavano apoikìai (lontano da casa) amavano ricordare l’amore per la terra d’origine con leggende come quella di Aretusa ed Alfeo. Forse, a dispetto delle innumerevoli dominazioni successive, lo spirito greco alberga ancora nei cuori dei siracusani se è vero, come è vero, che oltre ad essere così chiamati, i cittadini possono indifferentemente essere nominati come aretusei, in ricordo di quella ninfa che si identifica con i fondatori corinzi.