SPECIALE STUPOR MUNDI

Urbs fedelissima, 1234 Soste a Siracusa del “primo sovrano moderno”

Il più antico ricordo svevo relativo alla città di Siracusa risale al XII secolo quando Costanza d’Altavilla, moglie di Enrico VI e madre di Federico II, dota il Monastero di Santa Maria delle Monache, di “varii Privilegi, due dei quali furono datati uno in Palermo nel 1196 e l’altro in Catania nel 1215” . Nel 1222 Costanza d’Aragona, moglie di Federico II, con Privilegio dato in Catania il 24 febbraio, permette ai domenicani di trasferirsi in Ortigia e l’imperatore con Diploma dato pure in Catania il 26 dicembre di edificare a spese regie il loro convento che fu denominato, per questo motivo, regius Nunzio Agnello, Il monachismo in Siracusa, 1891

imagePiù volte Siracusa ospitò il giovane Federico tra le sue vetusta mura: di sicuro nel 1209, nel 1220, nel 1224, nel 1232. Una schematica tavola cronologica, pur essendo fondamentale, non può rivelare le emozioni che dovettero suscitare nell’animo dell’imperatore la città e il suo territorio. Siracusa nel medioevo, non ancora mutilata dalle despoliazioni di età tarda e ovviamenete non ancora interessata dall’edificato di età successiva, conservava ancora vestigia classiche, bizantine e normanne, e il suo territorio mostrava integre le sue caratteristiche paesaggistiche ed ambientali. Da un lato Ortigia, ricca di sorgenti e adagiata sul mare, edificata da quasi due millenni, dall’altro la splendida baia di Megara protetta da monti ricchi di boschi con i suoi corsi fluviali e le sue spiagge sabbiose e le sue saline. Più in là la baia di Agnone e il territorio di Lentini e sull’opposto versante verso l’estrema punta della Sicilia, la paradisiaca insenatura di Vendicari. Questo territorio offriva straordinarie potenzialità che non sfuggirono alla sempre attenta osservazione del sovrano, il quale, in un tempo incredibilmente limitato, riuscì a collocarvi castelli, palazzi, case, vivai, torri, dighe e abbazie. L’architettura si pose come mezzo tangibile di controllo del territorio e della sua economia. Le quattro soste certe dell’imperatore a Siracusa, con ogni probabilità, lo videro soggiornare al Castello Marieth che, com’è noto, era ubicato all’ingresso di Ortigia dal momento che del Maniace Federico riuscì forse a vedere l’impianto del cantiere seguito poi da Riccardo da Lentini. Riguardo al sito scelto dal sovrano per l’impianto di questa fabbrica, esso doveva allora conservare le preesistenze dell’edificio bizantino di Maniace che forse si era stratificato sul tempio di Giunone di cui parlano le fonti. Allo stesso modo resti di età romana potevano ancora esistere e il versante sud-ovest offrì ai suoi occhi i tagli di latomie e di vasche nonché la accattivante sorgente d’acqua dolce che diventerà poi il cosiddetto bagno della regina. Naturalmente poggiato sullo scoglio di Ortigia, accentratore di energie ed irradiatore di fonti di conoscenza e cultura, il monumento rappresentò il culmine architettonico di una intensissima attività che nello stesso tessuto dell’isoletta aveva visto il sorgere di numerosi edifici svevi. Non possiamo infine non immaginare Federico al castello Eurialo, scelto come straordinario punto di osservazione di tutto il nostro territorio e forse esso stesso interessato da strutture federiciane. Lasciamo ad una, speriamo prossima, ricerca materiale gli esiti di un’indagine che potrebbe rivelarci riutilizzi di fase sveva all’Eurialo e nell’area tra la ex caserma Abela e il prospetto di Castel Maniace.

Nella primavera del 1209 Federico II, l’appena quattordicenne re di Sicilia, inizia in gran pompa – come scrive egli stesso- il viaggio in Sicilia e arriva a Siracusa il 9 febbraio per redigere il trattato dei suoi sponsali con la venticinquenne Costanza d’Aragona, colta e raffinata figlia di Alfonso II e sorella maggiore di Sancha, nonché vedova di Emerich d’Ungheria, che “vengono celebrati per procura da un vescovo siciliano nel duomo di Saragozza” (E. Kantorowicz). Il vescovo potrebbe essere stato Adamo image Bartolomeo che risulta in carica nell’anno 14° dell’impero di Federico di Svevia. I festeggiamenti del matrimonio avverranno poi a Palermo il 15 agosto dello stesso anno. Alfonso vi condurrà i 500 cavalieri portati in dote dalla sorella. La dote si qualificò come ragion di stato, motivo basilare che convinse il giovinetto Federico a sposare la venticinquenne Costanza, risollevando le sorti di un governo in declino. Viene nominato governatore di Siracusa Alemanno da Costa. Subito dopo l’incoronazione ad imperatore, Federico rilascia nel 1220, forse da Siracusa, il diploma per i cistercensi di Santa Maria di Roccadia facendosi promotore della costruzione della loro abazia in territorio di Agnone Bagni presso la Masseria del Murgo. Nessun sovrano prima di lui si era rivelato così munifico verso l’ordine cistercense, che era caratterizzato da una gerarchia di tipo statale e dall’introduzione del lavoro dei campi. “Libero dai rumori e dalle sventure del mondo, l’ordine gode tuttavia anche della pace terrena”, come egli stesso ebbe a scrivere. Nello stesso anno viene deposto Alemanno da Costa a favore di Tornabene Gualdo. Nel 1223 a Siracusa concede un privilegio ad Alberto di Milo, investito per buoni servizi della capitaneria di guerra per Trapani e Monte San Giuliano. federico-Il 5 giugno 1224, da Siracusa, dove rimane tutta l’estate, emana il decreto di fondazione della prima università laica d’Italia, quella di Napoli, e riorganizza la Scuola medica di Salerno portando a 5 anni il corso di studi. “L’università viene creata espressamente per formare uomini abili e esperti nel servire l’impero, ai quali affidare anche l’amministrazione della giustizia in Sicilia. Poiché Federico non amava fare le cose a mezzo, non si limitò a istituire una scuola di diritto, ma volle una vera università, in cui eccetto la medicina (per la quale bastava la vicina Salerno), fossero insegnate tutte le discipline” (Kantorowicz). Nello stesso anno, sempre da Siracusa, impartisce disposizioni per il regolamento di controversie monastiche e dà la concessione di diplomi a favore del convento di Santa Maria di Montevergine e dell’abbazia cistercense di Santa Maria di Roccadia (agosto). 1232 A Siracusa tiene parlamento: tra le leggi promulgate ricorda quella che vietava il matrimonio tra siciliani e stranieri senza espresso consenso del principe. è questo l’anno di apertura del cantiere del palacium-castellum (detto Maniace) sulla punta di Ortigia sotto la direzione del praepositus aedificiorum Riccardo da Lentini. fedreico 71233 - Dieta di Siracusa concernente un decreto integrativo delle Costituzioni di Melfi che istituisce un tribunale speciale per la difesa gratuita dei sudditi più deboli vittime di ingiustizie da parte di funzionari imperiali. 1234 - Pietro Piedilepre viene eletto governatore della città dall’imperatore. Siracusa verrà, nello stesso anno, insignita del titolo di urbs fidelissima. Secondo la maggior parte degli studiosi il 1234 fu l’anno in cui Federico partì dalla Sicilia per non tornarvi mai più, almeno da vivo. Un ultimo ricordo “siracusano” dell’imperatore si può individuare in un rescritto risalente probabilmente al 1247/48 quando egli interviene per rivendicare alcuni diritti derivanti dalla concessione di terre dell’agro siracusano e leontinese, che facevano parte del patrimonio demaniale. Non si evince da nessun documento la sosta di Federico a Siracusa in questa data. . feerico 1250 Idealmente la data della morte di Federico II di Svevia – 13 dicembre 1250 – si collega a Siracusa essendo questa la stessa data del dies natalis della vergine e martire siracusana Santa Lucial 13 dicembre 2010 ricorre il 759° anno dalla morte dell’Imperatore.

 

LA FIRMA di NOTARO GIACOMO

imageToledo, inizi anno 2010. La ricercatrice di Filologia dell’Università di Bologna Giuseppina Brunetti viene accompagnata dal conservatore nell’Archivio di Medinaceli dove spera di trovare i documenti del Monastero di San Salvatore vicino Messina, trasportati a Toledo sotto i Vicerè nel XVII secolo. Da una scatola appariva quella pergamena bianca che si rivelò scoperta eccezionale: un atto notarile redatto a Catania nel 1233 in cui si confermavano i privilegi concessi al Monastero da parte dell’Imperatore Federico II. Una piccola lacerazione alla fine del testo indicava il punto in cui era stato apposto il sigillo aureo (non più esistente) che ufficializzava l’atto. La pergamena, essendo miracolosamente ben conservata, rendeva leggibile il testo redatto con molta cura e in bella grafia. Alla fine dell’atto si leggono le parole “per manus Iacobi de Lentino Notarij et fidelis nostri”: un autografo di quasi ottocento anni fa, quello di Giacomo da Lentini e il termine “nostri” va riferito a Federico II. Ci sembra di rivivere l’emozione della studiosa: “Per la prima volta avevo sotto gli occhi un’intera pagina scritta da Giacomo da Lentini, con le sue particolarità, i suoi tic, la sua bravura”. Di questo personaggio non conosciamo la data di nascita né quella della morte, ma sappiamo che visse alla corte dello Svevo nella prima metà del 1200, fu alto funzionario ed esponente della Scuola Poetica Siciliana, il primo poeta della letteratura italiana. Fu l’inventore del sonetto nel cui genere si cimentarono Dante, Shakespeare... La pergamena di Toledo non solo ci offre l’opportunità di apprezzare la scrittura di uno dei più importanti poeti italiani dell’antichità ma, recando nel retro una scritta in lingua greca, ci conferma di quel clima culturale multietnico e poliglotta che animava la corte di Federico II. Inoltre, essendo Giacomo notaio e poeta allo stesso tempo, e quindi procuratore dell’imperatore, viene confermato quello strettissimo legame tra letteratura e potere politico, mitico esempio al quale Dante guardava ammirato. I poeti dello Svevo erano alti funzionari e anche negli scritti poetici Giacomo è citato come “Notaro Giacomo”. Questa eccezionale scoperta filologica (di cui ha dato notizia M. Motolese ne Il Sole 24 Ore) pone i riflettori su quella terra regale e cosmopolita che fu la Sicilia sotto “Stupor Mundi” e non può che stimolarci nell’approfondimento anche del genere poetico che qui fu generato. Attendiamo la pubblicazione del testo di Toledo per unirci al pensiero della sua scopritrice, la quale rivolgendosi soprattutto ai giovani studenti così si esprime: “La ricerca è lenta, vive di riflessione indipendente, di passione intima e di solitudine, ma procede sempre, leggera, persino allegra, perché per sua natura guarda, attraverso la conoscenza del passato, nel futuro di tutti”.